“Tempo al tempo” diceva la mia anziana prozia quando, impaziente bambina cercavo di affrettare le situazioni… Non credo proprio che Andrea l’avesse mai conosciuta ma di sicuro sembrava ricalcarne la filosofia di vita, antica, saggia, ponderata.
In una fredda giornata ventosa di marzo raggiungo Andrea dell’azienda Torrenera “produzione di patate ed ortaggi di montagna” a casa sua in Val Nure dove vive con sua moglie Cristina e i suoi due gemelli, cura un bell’orto, possiede alcuni campi di patate ed il magazzino per confezionare i suoi sacchi e sacchetti.
E’ da un po’ che volevo andare a trovarlo per conoscere i suoi metodi di coltivazione, la sua realtà agricola. Sapere qualcosa in più anche delle sue scelte, di vita e di lavoro.
Dopo un giro nei dintorni di casa, prendiamo la sua macchina: alla costante velocità di 35km/h saliamo verso le montagne, attraversiamo boschi e piccolissime borgate e così riesco anche a prendere appunti senza sentirmi troppo male.
Guida pacata,voce narrante profonda e serena. Un tono cadenzato che non si impenna o decade quando racconta momenti difficili della sua vita o situazioni trascorse, motivi di disappunto.
Mentre ascolto Andrea, percepisco una serenità di fondo, una sicurezza interiore. Umile e caparbia. Scopro pian piano la sua competenza professionale e ne apprezzo il suo valore culturale. Mi piace la sua grande curiosità nei confronti del mondo, la sua apertura mentale, i suoi racconti sulla storia dei luoghi, sulle tante varietà di patate e sui differenti gusti.
Andrea mi racconta di avere origini contadine e che la sua famiglia era composta da 11 persone, 8 fratelli. “Eravamo 11 bocche da sfamare, allora era normale in montagna avere in produzione le patate, un orto e quanto si poteva produrre o allevare…”
E così quando, dopo aver fatto una lunga esperienza di lavoro fuori provincia, un rientro a casa con un lavoro d’ufficio, decide con Cristina di dedicarsi alla campagna, lo fa pensando alle patate. Il prodotto di montagna per eccellenza. Era il 2008, nel 2012 arriva il marchio “Torre Nera” dal nome dell’antica torre medievale che dà il toponimo a “Tornara” in comune di Farini.
Andrea torna alla montagna a “modo suo”. Si specializza sulle diverse varietà di patate, esperimenta, crea collaborazioni, si fa conoscere. Andrea mi dice una cosa che mi colpisce, che sembra naturale nel commercio ma che non lo è affatto nei contadini che conosco.
“ Iniziavo un’attività in cui non si conosceva bene il valore delle varietà delle patate. Spesso mi dicevano che le patate sono patate, come a dire sono tutte eguali… e spiegare che invece sono esattamente come il vino –sempre dall’uva proviene, mi racconta sorridente- era un’impresa che dovevo affrontare se volevo realmente crearmi la mia nicchia sul mercato. Così ho pensato che la presentazione dei miei prodotti sarebbe stato un aspetto importante e ho iniziato a fare fiere ed eventi badando molto a curare questo aspetto. Dovevo incuriosire, attrarre a me le persone per poter spiegare loro di cosa si trattasse”. Andrea mi sei piaciuto! Giusto, da cliente confermo! Questo miscuglio di tradizione, anticonformismo, autenticità e intelligenza fa di Andrea un contadino moderno, onesto e aperto.
Attualmente coltiva una 30 di varietà, 50 fra produzione di semi ed esperimenti, fra queste una 10ina sono autoctone del “Consorzio della Quarantina bianca” di cui vi parlerò in seguito e un paio sue locali. Alcuni dei nomi che sono già belli così: quarantina bianca, quarantina prugnona, quarantina gialla o giana riunda, cannellina nera, spunta, desiree, kennebec, marabel, kuroda, romano…
I terreni, che devono essere friabili e ricchi di azoto, sono circa 3-6 ettari e coltivati a rotazione da 1 a 3 anni a seconda della qualità di partenza. Sono sparsi in montagna tra 1000 e 1200 metri d’altitudine, si trovano per lo più nelle zone di Pennula, Poverella, Bruzzi…e, per chi conosce la zona sa che sono ambienti incontaminati fra boschi e radure.
Visitando i suoi campi, mi sono dovuta concentrare nel seguire Andrea fra i boschi e rendermi conto che non era una delle mie escursioni naturalistiche: stavamo andando a visitare il futuro campo di patate Torre Nera! E’ stata davvero una sensazione nuova camminare fra piccoli sentieri, sbucare in una radura e pensare che li, in autunno si raccoglieranno le patate. “Si passa da qui con il trattore e lo scrollino?” Chiedo quando ripercorriamo lo stretto sentiero…Certo, mi risponde! Tutto calcolato, sorrido quasi incredula apprezzando le prime fioriture di anemoni dei boschi…
E così chiacchieriamo di metodi di coltivazione, di rincalzo, di distanza da tenere fra una semina e l’altra per produrre una patata dalle dimensione giuste per il mercato (perché noi “clienti” siamo noiosi ed esigenti!), di qualità e al contempo sostenibile per la resa.
A proposito di resa Andrea mi spiega che, procedendo con metodi totalmente naturali (quindi né erbicibi, né insetticidi, né concimi chimici) e non acquistando patate da altri, non se la sente di garantire delle rese standard per le sue patate e così porta al mercato sempre e solo quello che produce. Questa è la sua garanzia! La sua resa, calcolata sulla media dei suoi 15 anni di produzione è di circa il 5%. I lavori da fare? Arare scendendo di circa 20-25 cm con un sistema che sposta le pietre al di sotto della superficie, preparare il terreno e seminare fra aprile e massimo giugno; poi ci sarà il rincalzo fondamentale per proteggere ed irrobustire la piantina prima e per evitare poi che la patata, crescendo prenda luce e, producendo solanina (non dimentichiamo che la patata è una solanacea) diventi tossica per l’uomo. Grande impegno poi per stendere le difese elettriche al fine di evitare gli ungulati ed infine fra settembre ed ottobre l’ultima grande fatica: la raccolta tramite lo “scrollino”.
E’ tardi, abbiamo dimenticato di pranzare…ma non posso ancora salutare la mia fonte di informazione. Mi sta raccontando un’intrigante storia della Torre Nera, di Maria Luigia d’Austria e delle secrete, dell’affascinante storia del “Consorzio della Quarantina” la varietà tradizionale dell’appennino ligure (che coltiva e commercializza anche Andrea e che può vendere solo chi appartiene al consorzio per tutelarne la qualità e la sopravvivenza).
Articolo di Giuliana Cassizzi